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Il 10 marzo 2003 se ne andava uno dei campioni più apprezzati per vittorie, stile coraggioso e una condotta di vita sopra le righe. Ricordiamo il due volte iridato della 500 e l’impronta che ha lasciato nelle corse

Sono passati vent’anni dal 10 marzo 2003, quando ci lasciava Barry Sheene, uno dei più grandi e più amati campioni del motociclismo di tutti i tempi. Due volte iridato della 500, nel ’76-’77, il fuoriclasse inglese è stato l’icona del passaggio dalle corse dei “giorni del coraggio” dell’epopea di Hailwood-Agostini allo show-business dell’era-Rossi. In 15 anni di corse – tra il ’70 e l’84 – il pilota londinese più volte è salito sugli altari e più volte è precipitato nella polvere. “Voglio vivere tutto, in pista e fuori”, diceva. E così prendeva le corse e la vita: di petto. E sempre con ironia. Dopo il terribile volo del 1975 nel curvone sopraelevato di Daytona causato dall’esplosione del pneumatico posteriore della sua Suzuki a 28o km/h, l’ high-side più terribile del motociclismo, servono 45 placche e viti per rimettere insieme tutte le fratture e molte settimane per tornare in sella. Immobilizzato in un lettino d’ospedale, al medico amico che di nascosto gli passa la sigaretta accesa confida: “Se fossi un cavallo da corsa, dopo un volo così e con tutte queste fratture, mi avrebbero già abbattuto”. 

Fonte: https://www.gazzetta.it

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Moto Club Biassono

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